Carlantino (Carlandìnë in dialetto foggiano[2]) è un comune italiano di 1.098 abitanti della provincia di Foggia in Puglia, situato a sud-ovest di Lucera. Nel territorio comunale, ed in particolare presso monte San Giovanni sono stati ritrovati diversi reperti archeologici di età romana, risalenti ai primi secoli avanti Cristo. Secondo le indicazioni geografiche delle fonti letterarie e storiche, la battaglia di Canne[3] del 216 a.C. tra Annibale e i romani sarebbe avvenuta negli agri di Carlantino e di Celenza Valfortore, sulla riva destra del fiume Fortore.
L'abitato attuale fu fondato nella seconda metà del Cinquecento dal feudatario di Celenza Valfortore, Carlo Gambacorta. Il toponimo potrebbe essere derivato da "Carlettino", vezzeggiativo con il quale veniva chiamato il fondatore.
Nel corso del XX secolo, il paese è stato affetto da una robusta emigrazione. Numerosi, in particolare, furono coloro che negli anni sessanta emigrarono in Argentina, nella provincia di Buenos Aires, dove è tuttora presente una cospicua comunità di carlantinesi.
La fondazione e il nome del paese si deve a Carlo Gambacorta di Giampaolo, nipote di Giovanni. Questi eredita la Baronia di Celenza nel 1558, all’età di dodici anni e sposa Vittoria Caracciolo, dalla quale ha sei figli: quattro maschi e due femmine. Durante il regno di Filippo II d’Austria (1556-1598), egli spedisce un memoriale documentato al Viceré di Napoli, chiedendo di costruire un nuovo abitato nella Terra di Celenza, al centro del suo territorio nel luogo detto la “Nunziata” a breve distanza dall’antico insediamento di San Giovanni Maggiore, poiché i terreni feudali e baronali distano oltre quattro miglia dalla Terra di Celenza e i suoi coloni subiscono continuamente durante l’anno furti e ricatti con gravi danni per il raccolto e il patrimonio zootecnico.
Del resto, quando giungono le guardie, i ladri e i malfattori sistematicamente si sono già dileguati nelle fitte boscaglie circostanti. Dopo l’istruttoria della pratica durata alcuni anni, il 28 febbraio 1582 attraverso il viceré Giovanni Zunica, Carlo finalmente ottiene la sospirata autorizzazione. Nel nuovo Casale, che dal suo nome fu chiamato Carlentino, vanno ad abitare i figli dei coloni che non formano famiglia e quanti dai paesi vicini e lontani cercano un suolo gratuito per la costruzione di una casa e la concessione di terreni da dissodare e coltivare, pagando annualmente la decima al Barone. Carlo Gambacorta, intanto, quasi a ringraziamento dell’avuta concessione e ad auspicio per il futuro sviluppo del nuovo centro abitato, poco distante dalla sua masseria chiamata “il Palazzo”, al Largo Taverna, dà inizio e fa subito costruire la chiesa, che intitola a San Donato, vescovo e martire, in ricordo delle origini familiari pisane.
Nel 1595 si ha la prima numerazione, il Casale conta appena dieci fuochi (famiglie). Andrea Gambacorta, secondo figlio di Carlo Gambacorta di Giampaolo e di Vittoria Caracciolo, spiegò nel Casale di Carlentino la sua opera beneficia. Con pubblico istrumento, rogato il 2 febbraio 1613 dal notaio Giovan Domenico Marrera di Gambatesa confermò i Capitoli ed i Patti stabiliti dal genitore con i rappresentanti del Casale, aggiungendovi nuove convenzioni.
Sulla porta contigua alla Chiesa di S. Donato fece incidere la seguente iscrizione nel 1613 per ricordare che Carlentino fu così chiamata dal padre: Philippo III Regnante A.D. MDCXIII Andreas Gambecurt, Celentiae Marchio, Carlentinum a patre nuncupatum, ad eorum nominum perpetuitate templis, ritibus moenibusque ornavit. Attualmente la porta di Carlentino non esiste perché demolita negli anni addietro. La ricorrenza della festa patronale in onore di San Donato il sette agosto viene solennizzata con la franchigia per otto giorni, durante i quali le competenze giuridiche per le cause civili, criminali e miste sono esercitate dal governo locale. Il 4 marzo 1618, a testimonianza della prosperità del Feudo, egli acquista la vicina Terra di Macchia dalla famiglia del conte De Regina.