IL CASTELLO BARONALE
Il borgo divenne feudo nel 1350 e baronìa dal 1440. I primi signori furono Pandolfo e Rinaldo, seguiti da Oddone e Ludovico, tutti della casata dei Collalto che diede il nome al paese. Ad essi subentrò poi la famiglia dei Mareri che incominciarono la costruzione del castello locale.
Nella prima metà del '500 il borgo appartenne alla nobilissima famiglia dei Savelli, noti a Roma per aver dato molti pontefici al soglio di Pietro. Nel 1564 Cristoforo Savelli, perseguitato dai creditori, vendette il castello al suocero Roberto Strozzi, figlio di Piero, famoso banchiere fiorentino, famoso oppositore dei Medici. Lo Strozzi era intenzionato a restaurare il castello, ma la morte improvvisa lo colse e costrinse la sua famiglia a vendere il possedimento ad un altro nobile fiorentino: Alfonso Soderini.
I Soderini furono proprietari del castello per due generazioni, dedicandosi alla ristrutturazione della fortezza ed al suo adeguamento come mezzo difensivo in grado di opporsi alle armi da fuoco. Oltre a modifiche di tipo militare, i Soderini si dedicarono anche all'abbellimento ed all'ampliamento della parte residenziale del castello in occasione del matrimonio di un nobile rampollo.
I debiti colpirono anche i Soderini e Nicola, nel 1641, dovette mettere all'asta il castello, che finì nelle mani del cardinale Francesco Barberini, nipote del papa regnante Urbano VIII, il quale pagò il possedimento 102.000 scudi e lo siglò come "possedimento personale" facendone una propria residenza estiva. La trattativa venne condotta dal fiduciario del cardinale, il nobile Giovan Battista Onorati di Jesi.
Sotto il Barberini, il castello fu completamente restaurato e abbellito ulteriormente: le stanze rivestite di marmi preziosi, pavimenti a mosaico e soffitti a cassettoni. Grandi opere di miglioria vennero portate avanti anche durante tutto il Settecento quando la proprietà passò al ramo dei Barberini principi di Palestrina. Gran parte di questi arredi venne asportato dall'invasione napoleonica del 1798-1799. La guarnigione francese lasciò la fortezza l'11 aprile 1803 e, dopo la sconfitta di Napoleone, il castello tornò ai Barberini ma era ormai ridotto alla stregua di rudere e i nobili romani decisero di venderlo nel 1858.
La vendita andò a favore del polacco conte Corvin-Prendowski, discendente del re d'Ungheria Mattia Corvino, il quale procedette ad un restauro totale della struttura.
Nel 1861 il castello venne rovinato parzialmente dall'assalto dei briganti al borgo.
Alla morte del conte Prendowski, il quale aveva sposato la marchesa Cavalletti, il castello passò in eredità al fratello di questa, Giuseppe Cavalletti, il quale, non avendo eredi diretti, alla soglia della vecchiaia stipulò un vitalizio, in cambio della proprietà del castello, con il capitano dei carabinieri locali Ottavio Giorgi, il quale divenne il nuovo proprietario della struttura. Giorgi aveva sposato una ricca ereditiera americana, Claire Monfort, dalla quale ebbe due figli: Diana e Piero.
I Giorgi-Monfort restaurarono il castello, apportandovi modifiche minime ma avendo il privilegio negli anni antecedenti la Seconda guerra mondiale di ospitare personaggi di rilievo del mondo politico ed artistico dell'epoca come il principe ereditario Umberto di Savoia, Umberto Nobile, Ettore Petrolini, il pittore danese Gustave Andersen.
Alla morte di Piero Giorgi-Monfort nel 1988, il castello è stato acquistato dalla famiglia Rinaldi, discendente da una delle più nobili del borgo, che ha curato un radicale restauro architettonico del castello con l'intento di riportarlo all'antico splendore.
La rocca, attualmente, conserva il suo aspetto sei-settecentesco (a cui risale tra l'altro l'ultimo periodo di utilizzo militare del castello) articolato essenzialmente sulla torre centrale di forma quadrata affiancata da due torri angolari rotonde e da una serie di baluardi esterni. Il palazzo baronale, indipendente dalla rocca, è raccordato a quest'ultima tramite delle scalinate.
L'interno del castello accoglie anche un grande parco con un pozzo d'epoca. Al XV secolo risale invece la cinta muraria che racchiude il paese.