Roccacaramanico
Roccacaramanico è una frazione del comune di Sant'Eufemia a Maiella, in provincia di Pescara. D'inverno è molto nevosa, con una caduta media di 3 m l'anno, e detiene il record italiano di neve: 10 m nel 1929, e il record mondiale di caduta di questa in un sol giorno: 3,60 m il 17 dicembre 1961. Il toponimo Roccacaramanico è composto da due parti: la prima, Rocca, dal latino "sasso, rupe", assunse nei secoli vari significati quale quello di "fortezza sull'alto di un monte".
La seconda parte, aggiunta posteriormente, si riferisce al vicino centro di Caramanico con il quale la Rocca ha sempre avuto rapporti, ben databili dal 1100 in poi. Nei documenti del XIV e XV secolo ricorre la dizione Castrum Rocchettae ma anche, più tardi, Castello della Rocchetta, Rocca di Caramanico per indicare il luogo. La leggenda locale vuole che un barone - pastore, attratto dalla singolare bellezza del luogo, decidesse di stabilirvisi. È ipotesi corrente che Roccacaramanico sia sorta come punto strategico, di osservazione e di difesa dell'accesso alla valle. La sua storia si intreccia con quella di Caramanico: risultano infatti entrambi nell'anno 875, data di fondazione del Monastero di Casauria, tra i possedimenti della badia. Tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo si hanno alcune notizie riguardanti interessi, dei signori Cantelmo di Pacentro, in Roccacaramanico. Successivamente le signorie dei D'Aquino, D'Aragona, D'Angiò, Colonna e Carafa, si succedettero sul territorio in periodi diversi della sua storia. Scarsissime sono le notizie sulla zona nel XVI secolo e nel primo periodo della dominazione spagnola. È rilevante però, per la storia locale, un documento del 16 giugno 1520 nel quale, con l'assenso di Prospero Colonna, signore della terra di Caramanico e della Rocchetta, si stabiliva tra l'altro che i due territori e tenimenti fossero distinti e separati (autonomia della Rocchetta alias Roccacaramanico). Si ha notizia di due chiese: la prima risalente alla Chiesa di S. Maria del 1514 e la seconda che riguarda la chiesa di S. Agata, del 1568.
Agli inizi del XVII secolo Roccacaramanico è sotto la signoria dei Carafa. Nel 1627 un violento terremoto sconvolse il piccolo centro, ma il fenomeno si ripeterà nel 1703, nel 1706 e nel 1915. Nel 1662, in un quadro completo dei beni sul territorio della Rocca, si nominano la Chiesa Matrice di S. Maria delle Grazie e quella di S. Antonio abate di cui si conserva, ancora oggi, una formella in pietra, scolpita sulla parete sud dell'edificio. Quest'ultimo, successivamente restaurato, ospitò il Municipio (anni '30), le scuole elementari e, nel periodo dell'abbandono, divenne in parte stalla. Dal 1981, dopo parziali riparazioni, è sede dell'Associazione Roccacaramanico, voluta dai nuovi "Roccolani" e dal 1999, dopo ulteriori restauri e ammodernamenti, è sede del Museo Etnografico Diana e Tamara. Nella seconda metà del '700 l'economia di questa zona risentì gravemente della distruzione delle riserve boschive dovuta ad una maggiore estensione dei pascoli e, successivamente, dei mutamenti politici e sociali che portarono all'invasione del Regno di Napoli, per opera di Giuseppe Bonaparte, alla cacciata dei Borbone e alla presenza, sul territorio, del fenomeno del brigantaggio, come ultima reazione borbonica contro il processo di unificazione dell'Italia.
L'archivio comunale di Roccacaramanico fu incendiato, con grave perdita di preziose testimonianze del passato. Nel 1806, abolita la feudalità, Caramanico e Roccacaramanico furono dichiarati Comuni liberi, con amministrazioni indipendenti. In quegli anni, alla Rocca, il sistema agro-pastorale vigente consisteva di soddisfare le esigenze primarie della popolazione, con una vita semplice e laboriosa. Si coltivavano cereali, legumi e, in piccola quantità, anche il lino. Pochi erano gli ulivi e le viti. Diffusi i funghi; i prati erano ricchi di erbe spontanee medicinali. Si allevavano ovini, caprini, suini, ecc. Era praticata l'apicoltura che offriva cera e miele; redditizia era l'industria del baco da seta. C'erano alberi da frutta come il ciliegio, pero, melo, castagno, noce, ecc. Nei boschi predominava il faggio ma non mancavano aceri, càrpini, ontàno, querce, olmo sorbo, orniello ed altri. Si estraeva legname per le varie costruzioni e da esso il carbone. Se il XIX secolo può essere considerato il periodo migliore per le possibilità esistenziali del borgo montano, il XX secolo è per Roccacaramanico il secolo del dolore, dell'amarezza, della lotta e della resa. Con l'avvento della società industriale inizia un sensibile spopolamento. I valori di un mondo arcaico e le tradizioni popolari cominciavano, nei primi anni del '900, ad offuscarsi: si moltiplicano le esigenze, all'iniziale benessere si sostituisce il fenomeno della povertà e del sottosviluppo che portarono, nel corso degli anni successivi, ad amarezze, dolori e lotte. Nel 1929 il Governo dispose che i comuni che non erano in condizioni di offrire servizi dovevano essere aggregati. Fu così che Roccacaramanico fu unito al comune di Sant'Eufemia a Maiella, con decreto del Re Vittorio Emanuele III.
Disaccordi, reclami per cattiva amministrazione, ingiustizie, sopprusi, disinteresse per i primari problemi della frazione, aumenti ingiustificati, contribuirono ad un lento ma inesorabile esodo migratorio verso l'Australia (Box Hill e Lylidale, nel distretto di Vittoria) e verso gli Stati Uniti. Rimangono sul territorio nel 1971 soltanto 20 abitanti, pari ad 8 famiglie e nel decennio 1971 - 1981 si riducono a 4 abitanti. A poco a poco l'abbandono è totale, anche gli ultimi veri Roccolani (Ernesto e Dosolina prima, Angiolina e Pasquale poi) lasciano "per sempre" il loro paese. Ma ecco profilarsi il fenomeno di una nuova presenza periodica ma continua, durante il fine settimana e la stagione estiva. Sono piccoli nuclei famigliari di varia provenienza che acquistano e recuperano abitazioni destinate alla rovina, favorendo lo sviluppo del paese. Il "paese fantasma", come anni addietro era definito Roccacaramanico, sta tornando lentamente a vivere.